I disturbi psicosomatici: sintomi, significato e terapia

I disturbi psicosomatici iniziarono ad essere oggetto di studio nel mondo accademico a fine ‘800 quando alcuni medici e neurologi, tra i quali Freud, tentarono di comprendere e spiegare disturbi fisici che non trovavano risposte nella medicina tradizionale dell’epoca dando così origine alla psicanalisi.

Nella versione tipica ottocentesca si parlava di “isteria” per riferirsi a sintomi fisici importanti come:

  • la paralisi degli arti
  • la perdita di coscienza e della capacità di parlare
  • la cecità momentanea

Disturbi che colpivano principalmente le donne. Freud e la psicoanalisi cominciarono ad avere notorietà nell’ambiente medico e tra i neurologi dopo la pubblicazione del caso di Anna O., una paziente che soffriva di paralisi, guarita grazie alla nuova terapia psicologica proprio con Freud.

Quest’ultimo individuava la causa scatenante in un trauma infantile rimosso dalla persona. Oggi il concetto classico di isteria non esiste più nel DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), il contesto culturale è mutato così come il paradigma medico scientifico e conseguentemente il metodo terapeutico: le manifestazioni somatiche sono interpretate come segnali emotivi cui prestare attenzione, il corpo che parla ci dice che forse stiamo trascurando qualcosa. In particolare, in ottica cognitivista, il sintomo fisico non viene più letto come un meccanismo di difesa di fronte al trauma ma interpretato come conseguenza della mancata lettura dei propri segnali emotivi, dei propri desideri, bisogni, valori e della difficoltà a distinguere tra le proprie emozioni e le sensazioni corporee. In alcuni casi i disturbi psicosomatici sono la risposta dell’organismo a emozioni negative che non vengono mentalizzate, agiscono sul corpo e lo tengono in una situazione di allarme continua.

In generale i disturbi psicosomatici sono caratterizzati da sintomi fisici che suggeriscono l’esistenza di un disturbo organico, la cui manifestazione non pare conseguente a una condizione medica generale, né agli effetti diretti di una sostanza né da un altro disturbo mentale. I sintomi possono interessare vari distretti del corpo e possono presentarsi come:

  • disturbi dell’apparato cardiocircolatorio: quali aritmie, ipertensione, tachicardia;
  • disturbi dell’apparato gastrointestinale: quali nausea, diarrea, ulcera, colon irritabile, colite, vomito, gastrite;
  • disturbi scheletrici e muscolari: quali cefalea, mialgia, torcicollo, crampi;
  • disturbi dell’apparato urogenitale: quali disfunzioni dell’erezione o dell’eiaculazione, vaginismo, anorgasmia, enuresi;
  • disturbi della pelle: quali acne, psoriasi, prurito, dermatiti in genere;
  • disturbi dell’alimentazione: quali anoressia, bulimia
  • disturbi pseudoneurologici: quali paralisi, amnesie, diploma, alterazione dell’equilibrio e della coordinazione, difficoltà a deglutire, a fonia, cecità, sordità.

Le manifestazioni somatiche non vengono prodotte intenzionalmente né tantomeno sono il frutto della simulazione, sono disagi reali.

Questi sintomi compaiono anche in età giovanile e causano una compromissione del funzionamento sociale e lavorativo, portano ad una continua ricerca di trattamenti medicalizzati (che spesso risultano poco efficaci) e a volte persino ad interventi chirurgici. Ormai numerose ricerche validate a livello internazionale dimostrano la correlazione tra emozioni e corpo: ansia e umore basso correlano con una cattiva reazione del sistema immunitario che a lungo andare avrà difficoltà a combattere gli agenti patogeni che aggrediscono l’organismo, vale a dire che la persona avrà maggiori probabilità di ammalarsi.

Spesso queste emozioni in famiglia o nel contesto sociale e lavorativo sono filtrate e vengono censurate: la malattia psicosomatica è la soluzione migliore trovata dalla persona sino a quel momento, il miglior compromesso possibile perché permette, da un lato, di dare espressione ad un disagio inespresso che ha bisogno di emergere, dall’altra è un tentativo per evitarlo. Anche se potrebbe sorprendere, di fronte alla mancanza di un riscontro medico spesso la persona si sente ancor più preoccupata e impotente perché non sarà semplice accettare che la causa non è prettamente organica e il fatto che vi sia una componente emotiva all’origine del malessere può essere vissuto come una sconfitta personale.

In questo senso la terapia può aiutare la persona a guardare al suo malessere con occhi diversi, i sintomi verranno considerati campanelli d’allarme e la terapia rappresenterà un’occasione per entrare in contatto con le proprie emozioni con l’aiuto di una guida che accompagna il paziente nel cammino con l’obiettivo di imparare un linguaggio nuovo per dare un senso al disagio fisico, acquisire maggiore familiarità e conoscenza di sé e provare ad esprimere in modo più funzionale la rabbia, la gioia, la tristezza…

Dott.ssa Elisa Boggeri
Psicologa Psicoterapeuta – Novi Ligure – Genova

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